Un bambino su 8 ha una diagnosi di disturbo d’ansia. Una percentuale che stupisce, se pensiamo ai bambini che conosciamo. Tuttavia, probabilmente, non lo è affatto, poichè molti sono i sintomi d’ansia dei bambini che passano inosservati. Può succedere che alcuni segni vengano trascurati o fraintesi soprattutto nel contesto scolastico, dove maggiori sono le sfide che i bambini affrontano e i rischi che essi corrono in termini di successo/insuccesso.
E’ quindi necessario poter identificare i segni d’ansia anche a scuola per far in modo che venga fornito al bambino il giusto supporto.
Ma vediamo innanzi tutto quali sono le ragioni che rendono difficile comprendere i sintomi d’ansia nei bambini.
Una ragione molto semplice è il fatto che la sintomatologia ansiosa nelle varie età dello sviluppo è molto diversa da quella espressa in età adulta. Gli insegnanti potrebbero non riconoscerli e ritenere che vada tutto bene.
Spesso, associato ad un disturbo d’ansia possono esserci comportamenti oppositivi e di sfida che mettono a dura prova la relazione tra bambino e insegnante precludendo a quest’ultimo canali e strategie affettivo/comunicative più adatte a rassicurare il bambino.
Inoltre, una delle ragioni è da imputare alla diminuzione delle risorse interne della scuola e all’aumento del numero degli alunni per classe avvenuto negli ultimi tempi. Qualsiasi problema d’ansia di un bambino verrà trattato come una questione privata della famiglia.
Come possiamo accorgerci allora se un bambino si sente in ansia ed è preoccupato?
In alcuni bambini di rado sono presenti i segni fisici dell’ansia come sudorazione, tremori o rossore. Occorre quindi prestare attenzione ad indicatori più sottili per non perdere la possibilità di comprendere il suo stato d’animo. Possiamo osservare una certa rigidità o poca spontaneità nei comportamenti, iper reattività, evitamento di certe situazioni, impulsività e comportamenti oppositivi. Spesso, l’oppositività viene bollata come “un capriccio” (rifiutarsi di fare un compito, di leggere ad alta voce), e trattata ingaggiando una “lotta” per la supremazia tra adulto e bambino
Il legame dell’ansia con i comportamenti oppositivi è comprensibile se analizziamo il contesto in cui si trova o si troverà il bambino (messa in gioco di nuove capacità/abilità, competizione, agonismo) che li manifesta. Oggi sappiamo che i sintomi di ansia, anche quelli non chiaramente visibili, possono influenzare molto il rendimento scolastico. L’impatto dell’ansia, infatti, è sulla memoria e sulla velocità di elaborazione del compito.
Per i bambini con disturbi d’ansia, espressi anche attraverso comportamenti oppositivi e disimpeganti, è più difficile imparare, conservare e recuperare le informazioni. La difficoltà nel processo d’apprendimento renderà questi bambini più insicuri di fronte al compito successivo o alla prova di verifica, innescando una spirale auto-scoraggiante.
In queste situazioni gli insegnanti devono poter essere istruiti sulle manifestazioni comportamentali di ansia dei loro bambini in aula per intervenire nel modo adeguato.
Infatti, quando l’ansia di un alunno interferisce con il suo processo di apprendimento, egli avrà dei bisogni specifici che devono essere soddisfatti. Gli studenti con bisogni educativi speciali necessitano di una attenzione particolare e individualizzata attraverso dei piani educativi personalizzati.
Nel nostro paese i disturbi d’ansia non rientrano tra le patologie che hanno un riconoscimento legale di invalidità e per le quali è garantito in termini di legge, al bambino che ne è affetto, il diritto allo studio (realizzazione del PEI e del PDP, fornitura degli ausili specifici). Tuttavia oggi la Scuola ne deve tenere conto. Se vogliamo che questi studenti con disturbi d’ansia raggiungano buoni risultati e il successo scolastico come i loro compagni, dobbiamo poter intervenire non solo fuori dalla scuola ma anche nel contesto scolastico con un piano di intervento comportamentale che affronta l’ansia e insegna risposte più adeguate.
Quando un insegnante dovrebbe preoccuparsi?
8 indizi da considerare.
- L’alunno diminuisce le interazioni con i compagni di classe e con gli insegnanti
- Usa un volume di voce basso e sceglie di parlare solo con alcuni compagni.
- Chiede di frequente di uscire dall’aula, di usare il bagno o di chiamare un genitore.
- Lamenta di non riuscire a respirare bene o di avere dolori, prurito o febbre (lamentele somatiche).
- Mostra un certo isolamento sociale e scarsa partecipazione ai gruppi di gioco o di lavoro.
- Si mostra goffo nei rapporti con i coetanei
- Ha comportamenti di sfida per evitare il compito.
- Mostra improvvisi cambiamenti come una scrittura molto piccola; può perdere facilmente la concentrazione; in alcuni casi può avere necessità di ordine e altre volte ha dei comportamenti ripetitivi.
Cosa possono fare i genitori in questi casi?
I genitori possono condividere le valutazioni e le informazioni cliniche con gli insegnanti. Potrebbero richiedere un incontro operativo tra lo specialista (psicologo) che si occupa del bambino e il gruppo di docenti per capire quali strategie si possono mettere in atto. Lo psicologo può fornire agli insegnanti le informazioni sul disturbo, sul bambino e su quello che potrebbero aspettarsi, chiedendo loro di partecipare al monitoraggio dell’intervento. I genitori possono rassicurare il bambino e incoraggiare le normali routine aiutandolo a condividere ciò che sta accadendo a scuola così come le sue reazioni alla risposta dell’ambiente scolastico.
Suggerimenti per l’ambiente scolastico
Ogni bambino è unico, quindi ogni piano di supporto è individualizzato. L’obiettivo principale degli adattamenti deve essere quello di ridurre l’ansia del bambino, aumentando l’autostima e incoraggiare l’indipendenza, l’auto-difesa e lo sviluppo di nuove competenze.
Gli interventi comportamentali messi in atto in sinergia tra scuola e famiglia possono aiutare molto i bambini. Ad esempio, si può:
- Non rinforzare o aumentare i sintomi di ansia lasciando il bambino a casa se non assolutamente necessario o tornandolo a prendere.
- Fornire rinforzo positivo, come adesivi, un tempo di gioco prolungato o un’attività speciale quando il bambino mostra di tollerare una situazione temuta.
- Incoraggiare il bambino esprimendo con parole semplici la sua preoccupazione, sintonizzarsi sul suo stato attuale, non fare promesse incoerenti, fare richieste in modi gentili e non punitivi.
- Facilitare il bambino permettendogli di sapere in anticipo i cambiamenti al programma di routine quotidiana e dandogli più tempo nei passaggi tra una attività e l’altra.
- Fornire un calendario coerente e prevedibile e inserirlo in un luogo visibile come riferimento del bambino.
- Consentire le pause come necessario e fornire opportunità di movimento: alzarsi senza disturbare gli altri per compiere una richiesta dell’insegnante, distribuire i quaderni o utilizzare una palla soffice da spremere.
- Dare aiuti discreti quando viene chiamato per rispondere a una domanda.
- Evitare l’uso di battute di scherno e del sarcasmo portando l’attenzione in modo indesiderato sull’allievo.
- Modificare l’assegnazione dei compiti, riducendone il numero, consentendogli l’uso di una calcolatrice o permettendogli un’interrogazione invece che una prova scritta.
- Lasciare tempo supplementare per test, esami e compiti in classe.
- Designare un insegnante come coordinatore del piano educativo, per facilitare l’attuazione e la revisione, se necessario.
Nota clinica
I disturbi d’ansia nei bambini tra i 6 e i 9 anni sono il disturbo d’ansia di separazione, la fobia specifica e il disturbo ossessivo compulsivo (OCD). Il disturbo d’ansia generalizzato (GAD), il disturbo d’ansia sociale (SAD) e il disturbo di panico sono invece più diffusi nei bambini più grandi, cioè tra gli 8 e i 12 anni. I disturbi d’ansia che si manifestano per una certa durata, intesità e in età precoce possono proseguire anche in adolescenza, come una modalità più strutturata di gestire le difficoltà.
Bibliografia
DSM-IV TR, Elsevier ed., 2007
“La Terapia dell’ansia scolastica”, Erickson